[MyGdr] Lex Arcana – XI

Sangue veloce ed acque ferme.

Rimasero a lungo seduti sul pavimento della caverna, con la testa bassa e le braccia che vagavano in gesti senza senso.

Ava, una delle donne che avevano fatto prigioniera, emise un leggero lamento e Zenobia si riprese da quel torpore. Si sollevò e andò a recuperare dell’acqua da una delle brocche rimaste intatte sul grande tavolo.

Ne bevve un lungo sorso e la portò agli altri custodes.

Quando tornò al tavolo sbatté la brocca e le donne trasalirono.

“So che mi capite, quindi ascoltate bene le mie parole: voi non morirete. Avete inseguito la vostra stupida idea di libertà troppo a lungo, che vi ha ubriacato e reso folli. Chiederò personalmente che sia applicata la legge di guerra e che come vedove di soldati morti in battaglia, siate fatte schiave.”

Le sue parole erano lontane e fredde come i monti d’inverno, nessuno replicò, le donne abbassarono il capo.

Senza prendere nulla, né cercare oltre, tutti passarono dalla caverna alla capanna. Il buio, il freddo e l’aria umida sorpresero i custodes, chesi avvolsero nei mantelli.

“Restiamo nella capanna stanotte” Perseo ruppe il silenzio che pesava su di loro da parecchio tempo.

“Non possiamo permettercelo, Perseo, potrebbero tornare in forze e non siamo in condizione di affrontare un altro combattimento.” Gaio non permise repliche ed uscì per primo dalla capanna dopo aver recuperato lo scudo. Si diressero fuori dal villaggio senza prendere scorciatoie o viuzze strane, per l’esploratore la strada più diretta era anche la più sicura.

Sbucarono nuovamente sulla grande piana prima delle colline, il sole era tramontato da un pezzo e il freddo era così intenso da riuscire ad insinuarsi anche sotto i mantelli. Le prigioniere erano avvolte in una rozza coperta e camminavano legate insieme con una lunga corda che Elettra aveva il grande piacere di strattonare di tanto in tanto.

La notte non portò nuvole, ma solo stelle, anche la luna decise di non mostrarsi.

“Senemuro?” Zenobia era la più vicina a Gaio, che rispose solo con un cenno di assenso. “Credo manchi ancora tanto e non abbiamo ancora mangiato”. La custos provò a fare breccia con le sue parole, ma Gaio fu inflessibile “Allora andiamo più veloci, prima arriviamo e prima ci riposiamo”.

Nessuno riprese l’argomento, tutti invece continuarono la marcia.

Le stelle sulle loro teste si spostarono solo un poco e comparve la prima casa a Nord di Senemuro. Era una fattoria con una grande edificio di legno e un recinto per i cavalli alto e robusto. A tutti sembrò abbandonata, non c’erano animali in vista o luci in casa, l’erba era alta quasi ovunque e le porte non sembravano aperte da tempo.

Si sistemarono in una stalla senza cavalli, che degli animali ormai aveva perso ormai anche l’odore. Ognuno sistemò il proprio cumulo di paglia ed Elettra insisté affinché il capo della corda delle prigioniere fosse legato al suo polso. Poi buio e oblio.

Perseo si svegliò con un buon odore di cibo nelle narici, non capì cosa fosse, ma avrebbe mangiato qualsiasi cosa commestibile in quel momento. Quando si sollevò dalla paglia vide che nella stalla non c’era più nessuno, ma c’erano le armature, gli archi e gli scudi. Fuori era mattino e il sole splendeva sul prato davanti alla stalla, l’aria era fredda, ma accettabile.

“E infine arrivò anche l’ultimo porcellino” disse Elettra vedendo arrivare Perseo, appena sveglio.

In un calderone bolliva della polenta di mais e ogni tanto comparivano dei grossi tocchi più scuri. “Funghi?” azzardò l’augure. “Carne salata” rispose Zenobia che si stava occupando di ravvivare il tutto con grande bastone di legno. Perseo montò l’espressione del -ma dove cavolo avete trovato- senza però dire nulla, e Gaio indicò una specie di casupola di legno attaccata alla stalla, dove a quanto pare aveva trovato le provviste.

Perseo non chiese più nulla e preparò la pancia per la colazione.

I custodes erano tutti sporchi di terra e fango, Elettra si teneva il fianco, abbondantemente fasciato da Zenobia, Gaio aveva piccole ferite sul viso e sulle braccia, Zenobia zoppicava. Quando la polenta toccò i piatti, tutti sorrisero. Al termine del pasto, ne offrirono alle prigioniere.

“Se ci fosse stato del vino, sarebbe stato perfetto” Zenobia era stesa nell’erba alta e in pieno sole “Forse c’è del liquore di mele sempre là dentro” Gaio aveva parlato dopo quasi una giornata intera di silenzio, ma aveva ancora l’espressione cupa. Zenobia non se lo fece ripetere due volte e si alzò al richiamo del liquore.

“Ehi tu, non siamo ladri, lasceremo delle monete in quel ripostiglio delle provviste, per ripagare il cibo e la serratura forzata”. Gaio fu particolarmente brusco. “D’accordo, ma poi le monete saranno finite, e fatti un sorso di liquore anche tu che magari ti scioglie la stupidità”. Elettra rispose stranamente calma.

“Io ho del denaro con me” intervenne Perseo, “passami il liquore che anche io ho della stupidità da sciogliere, anche se di certo non quanto il nostro esploratore”. Tutti si guardarono, Gaio sorrise e alla fine ne bevve un sorso.

Il pomeriggio trascorse lento, freddo ma assolato e tutti riuscirono a riposare.

Poco prima del tramonto Gaio con l’aiuto di una pala spostò la brace vicino a una delle pareti della stalla al riparo dal vento che si stava alzando. Zenobia mise a riscaldare la polenta avanzata, Perseo era tornato da una breve passeggiata con il mantello pieno di mele gialle mature.

“Elettra ti dispiacerebbe portare le servae dentro la stalla?” Gaio chiese e la custos obbedì, tornò dopo aver legato le donne a un anello da briglia.

“Ava ha detto chiaramente che c’è un forte dopo Aque Celeres e che dei soldati si dirigevano lì, purtroppo non ho capito bene quanti fossero”. Zenobia aveva risposto a una domanda che nessuno osava fare.

“Ne parlano come se fossero dei soldati veri, invece sono feccia e briganti” Elettra sputò un pezzo del suo astio. “Abbiamo la nostra direzione, quindi” Gaio attizzò il fuoco e sistemò all’interno un po’ di legna.

“Un forte, soldati… noi siamo in quattro, abbiamo anche le prigioniere.” Perseo volle capire fino in fondo le intenzioni degli altri, tutti guardarono Gaio. “Non ho tutte le risposte, facciamo provviste qui, avviciniamoci al forte e Diana saprà indicarci la strada.” Tutti cenarono e poco dopo si coricarono nella paglia della stalla.

Un forte rumore di qualcuno che bussa sul legno svegliò tutti, Elettra balzò in piedi con la spada in pugno.

Gaio picchiò ancora una volta sulla parete della stalla con il pomolo del gladio, per essere sicuro che anche Zenobia avesse udito l’avvertimento. “Sì, sì, va bene, va bene…” fu la risposta della custos.

“Fuori c’è nebbia, è fitta e si vede molto poco, dobbiamo anticipare la partenza” Gaio iniziò a raccattare la sua roba.

“Bene ti confermo quel pugno in faccia, che ti dovevo sin da casa di Annio, ho deciso che te lo darò anche se questa volta hai ragione sulla partenza anticipata”. Elettra rimise la spada nel foderò e iniziò a prepararsi.

Marciare nella nebbia si rivelò più lento e faticoso del previsto, il gruppo era costretto a brusche svolte, risalite e cambi di direzione improvvisi. Ogni tanto uno di loro urlava “Mele!” e attendeva la risposta da tutti “basta!” se l’appello era al completo allora il contubernium proseguiva regolarmente.

Dopo aver trascorso l’intera mattina a marciare Gaio infine trovò la strada maestra e si diressero verso Sud-Est in direzione di Aque Celeres.

Un pallido sole era appena visibile attraverso la coltre di nebbia, ma fu sufficiente perché i viaggiatori poterono vedere la strada, per tenersi d’occhio l’un l’altro e smettere di fare quello stupido appello.

Non incontrarono anima viva per molte miglia, o forse semplicemente non riuscirono ad intravedere nessuno. Si fermarono solo il tempo per mangiare carne salata e le mele gialle della fattoria, partirono subito dopo. Il pomeriggio permise alla nebbia di iniziare a diradarsi e notarono una porzione di foresta piuttosto fitta a Nord, poco distante dal selciato della strada. Man mano che avanzavano piccole case sbucavano accanto agli alberi ed erano tornate visibili dalla stretta della foschia che stava svanendo pian piano.

Le case divennero parecchie e tutte vicine un grande sentiero da Nord a Sud, scendeva a incrociare la strada che stavano percorrendo i custodes. Gaio si fermò e con lui tutti gli altri.

“Quel villaggio che vediamo dovrebbe essere Brauco” Perseo si voltò verso l’esploratore “non mi risulta che ci siano accampamenti romani né altri stanziamenti, ma non possiamo perdere ancora tempo in chiacchiere, direi di proseguire”.

Gaio non se lo fece ripetere, testa bassa e riprese a camminare “Se teniamo un buon passo arriveremo ad Aque Celeres dopo il tramonto, forza, andiamo!”

Quella ennesima marcia forzata ebbe il gran merito di riuscire a spremere le ultime energie di tutti. Fecero parecchie soste, Zenobia si fasciò i piedi colmi di vesciche. Comegia, questo il nome dell’altra prigioniera, tentò di fuggire approfittando di una distrazione di Elettra, che la riprese dopo ben una trentina di passi di libertà della donna. Gaio dovette trattenere Elettra dal dare alla donna un motivo per non tentare ancora la fuga, altrimenti questa non sarebbe più riuscita a stare al passo con gli altri.

Arrivarono ad Aque Celeres che il sole era calato da parecchio tempo e la sera era quasi mutata in notte.

Alcuni contadini li avevano informati che in città c’erano un paio di locande che ospitavano i viandanti che decidevano di fermarsi.

La stanchezza legò il piombo alle caviglie di tutti proprio durante gli ultimi passi che li separavano dalla locanda. Varcarono l’uscio con i sandali che trascinavano la polvere della strada.

Soldati romani.

Soldati romani seduti ad ogni tavolo, che bevevano e giocavano a dadi rumorosamente.

Tutti tacquero per ammirare l’ingresso dei viaggiatori straccioni, molti soldati commentarono e risero a squarciagola. Poi comparvero lo scudo di Elettra, l’elmo di Gaio, un attimo dopo un beneficiarius controllava i diplomi dei custodes e le risate divennero saluti militari.

La locanda era un edificio a un solo piano stretto e lungo, con le stanze da letto divise da una porta che dava direttamente sulla sala comune.

Alcuni soldati sgombrarono un paio di tavoli e i custodes poterono sistemarsi, trovando anche lo spazio per le prigioniere sul pavimento della locanda. Ordinarono da mangiare, pregando di portar loro tutto fuorché le mele. Mangiarono zuppa di patate, pane riscaldato con formaggio di capra e verdure di campo bollite. E vino, finalmente una meritata coppa di vino per tutti.

Un soldato romano biondo, molto alto, ben sbarbato e con la divisa perfettamente in ordine si avvicinò al loro tavolo solo dopo che ebbero terminato la cena.

“Sono il signifer Forgal figlio di Kord, l’ufficiale più alto in grado, benvenuti ad Aque Celeres custodes”.

“Se anche un signifer viene inviato in pattuglia così lontano dall’accampamento, sono davvero tempi difficili, mi chiamo Zenobia Evergete, questi sono Gaio, Elettra e Perseo”. Solo Perseo salutò con un cenno della mano.

“Il prefetto Bibaculo sta organizzando le ronde con tutti i legionari disponibili, al momento stiamo andando a Nord, dove ci hanno segnalato alcuni briganti in movimento dalle parti di Senemuro”.

“Quei briganti non ci sono più” Elettra intervenne riempiendo ancora la sua coppa.

“Bene, buone notizie finalmente” nella locanda era sceso il silenzio, i dadi erano spariti e legionari e camerieri, parlavano a bassa voce per cercare di percepire qualcosa del discorso.

“La parte finale della notizia è che ci sono alcuni briganti asserragliati in un piccolo forte a sud di Aque Celeres”

Il volto di Gaio era afflitto dalla stanchezza e nonostante fosse addestrato alle lunghe marce e alle notti all’addiaccio i suoi occhi a mezz’asta non lasciavano spazio alle interpretazioni.

“Abbiamo sorpassato quel forte, era un cumulo di muretti e palizzate con qualche edificio abbandonato, lì non c’è nulla” Forgal scartò l’ipotesi del forte.

“Forse lo hanno occupato dopo il vostro passaggio, forse si sono nascosti e basta. Sappiamo con certezza che alcuni soldati e forse i loro capi sono in quel forte, non sappiamo per quanto tempo ancora, signifer Forgal, Elettra Ziais appartiene al cursus bellicus della Cohors Auxiliaria, ciò significa chela vostra ronda da questo momento seguirà i suoi ordini” Gaio si alzò e scomparve oltre la porta che li separava dalle camere coi letti.

Forgal fece il saluto e lasciò il tavolo accompagnato dal brusio della locanda.


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